Salvador Dalì
Pittore, scrittore e poeta spagnolo, morto a Figueras il 23 gennaio 1989. Negli anni Quaranta, trascorsi fino al 1947 negli Stati Uniti, all’attività pittorica e all’illustrazione di testi quali Macbeth, Don Chisciotte, ecc., affianca scenografie per opere teatrali e cinematografiche. Tornato in Spagna si stabilisce nel 1948 a Port Lligat, in uno studio-sacrario. Soggetti di tematica religiosa occupano i suoi quadri: nel 1951 redige il Manifesto mistico e teorizza la ”nuova arte nucleare mistica”, che troverà ulteriori sviluppi nel Manifesto dell’antimateria. L’anno successivo realizza acquerelli per la Divina Commedia e più tardi illustra l’Apocalisse (1960). Nel 1963 pubblica Le mythe tragique de l’Angélus de Millet. Interprétation paranoïque-critique, seguito da Le journal d’un génie (1964), Lettre ouverte à Salvador Dalí (1966), 50 Secrets magiques (1974). Nel 1969 si fa sostenitore dell’art pompier. A Figueras nel 1974 è inaugurato il Teatro Museo Dalí, in tutto rispondente al suo ”stile”, ove è oggi sepolto sotto la cupola geodesica. Magniloquenti retrospettive sono allestite nel 1954 al Palazzo Pallavicini-Rospigliosi di Roma (poi a Venezia e a Milano), alla Gallery of Modern Art di New York (1965), al Museum Boymans-van Beuningen di Rotterdam (1970), al Centre Georges Pompidou di Parigi (1979), al Museo Español de Arte Contemporáneo a Madrid e al Palau Real de Pedralbes di Barcellona (1983), al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1984), ecc.
Il suo metodo ”paranoico-critico” di interpretazione di fenomeni deliranti, pur dopo la rottura con il Surrealismo, si accentua e prolifica in una produzione compiaciuta e compiacente, il cui aspetto ”pubblicitario” è ben sintetizzato nel provocatorio anagramma di D. coniato da A. Breton, Avida Dollars. La stessa lucida ragione che sottende la perversa aggregazione di elementi disparati, evocati dal subconscio o studiatamente elaborati, costruisce l’immagine del personaggio, che scenograficamente autoesalta la propria eccentrica genialità, anche di feroce cinismo e di provocatoria contraddizione. Nella eterogeneità dell’opera, che tra gli anni Venti e Trenta esprime il livello più alto, inquietante amalgama di reale e surreale, di morte, sesso, putrefazione, emergono con gli anni deliri mistici e invasate illuminazioni, fra pulsioni erotiche di decadente disgregazione e spiritati turbamenti antimaterici, con enfatizzazioni di concezioni monarchiche e di cattolicesimo repressivo. Duttile nell’accogliere motivi dell’arte passata e presente, in una eclettica raccolta di tradizione e avanguardia, tecnico virtuosistico tra automatismi deformanti e oggettivazioni formali di mimetico realismo accademico, fino all’Hyperréalisme métaphysique, narciso metamorfico, simbolo della mistificazione, il mistero inquietante della sua ambiguità umana e artistica segna la storia dei suoi anni piuttosto che l’arte, conseguendo comunque lo scopo di costituirsi oggetto d’attenzione e discussione.