Patinatura e brunitura dei metalli
Interagendo con gli agenti atmosferici, il metallo – soprattutto le leghe a base di rame, come il bronzo – forma naturalmente una patina, segno visivo del processo di ossidazione e del trascorrere del tempo. Nell’antichità, la patina era apprezzata come elemento intrinseco alla bellezza dell’opera d’arte: gli scultori e i forgiatori del bronzo calcolavano la capacità del tempo di farsi pittore, completando e in una certa misura portando a perfezione l’opera d’arte, attraverso la fioritura della patina. Per ottenere un effetto analogo, capace di smorzare i bagliori eccessivi dei manufatti, e per conferire al metallo tonalità particolari, le opere in metallo venivano patinate già dal Medioevo. In questo modo si imitava l’effetto del trascorrere del tempo. Le tecniche di patinatura e brunitura dei metalli (dette anche metallocromia) raggiunsero la perfezione durante il Settecento, quando venne messa a punto la soluzione di soda e nitrato di potassio che, portata a ebollizione, consente di ottenere particolari effetti di superficie negli oggetti metallici che vi vengono immersi. Per ottenere effetti particolari di lucidità, l’oggetto metallico viene invece sfregato con il brunitoio, un’asticciola fornita di una punta di acciaio o di agata, capace di conferire al metallo effetti e bagliori di lustro.