Pergamena
Pelle di agnello (ma anche di pecora, montone, capra) macerata nella calce, quindi raschiata, tesa e seccata per renderla liscia e traslucida. Dopo essere stata levigata con pomice o osso di seppia, la pergamena – detta anche cartapecora o membrana – diventa un ottimo supporto per la scrittura. Per molti secoli ha costituito il materiale più pregiato e durevole per i codici manoscritti: nell’epoca in cui la carta e il libro erano beni rari e preziosi, la pergamena offriva il vantaggio di poter essere “lavata” dalla scrittura di un testo ritenuto poco interessante e riutilizzata per accogliere la copia di un nuovo autore. L’uso della pergamena (il cui nome deriva da Pergamo in Asia Minore, la città che l’aveva invantata duecento anni prima di Cristo, e che ne produceva grandi quantità) non scompare con l’invenzione della stampa. Nel Quattrocento e agli inizi del Cinquecento era ancora diffusa l’abitudine di stampare e miniare libri in pergamena allo scopo di imitare il manoscritto; in particolare fu abituale specie per opere liturgiche e di devozione come i Libri d’Ore e per statuti (ma non mancano splendidi esemplari di Bibbia a stampa su pergamena). Ancora oggi, come già in tutta l’età moderna, vengono realizzate in pergamena opere di presentazione. La pergamena è anche utilizzata nell’industria degli strumenti musicali (come ad esempio le fisarmoniche), nella fabbricazione di scatole e astucci e in legatoria.